Non nascondere la testa nella sabbia

Perchè non devi sottovalutare le richieste di clienti ricevute attraverso i Social Network

Non nascondere la testa nella sabbia
Non nascondere la testa nella sabbia

Quando sei al mare ti cospargi di crema solare per evitare le scottature. Se invece questi giorni sei in città – magari a Milano – fai fatica a trovare una correlazione tra la scritta ‘agosto’ sul tuo calendario ed il clima monsonico-novembrino (la foto qui a destra è di ieri ;-).

Metereologia a parte, al lavoro o in vacanza siamo e rimaniamo clienti.

Quando soggiorni in un hotel, sei al ristorante o entri in un negozio qualsiasi sei un cliente, anzi, diventi IL CLIENTE con tutto il tuo carico di:

  • Emozioni
  • Aspettative
  • Sensazioni
  • Impresssioni

E soprattutto soddisfazioni o delusioni.

“Questo è il dilemma…” ed è anche il punto dal quale parto oggi per sottoporti qualche riflessione sul mondo trasversale del servizio clienti.

Infatti oggi più che mai se hai un’attività hai il dovere di soddisfare le aspettative dei clienti ed al contempo evitare che la loro esperienza sia stata in qualsiasi modo negativa.

Perciò, prima di utilizzare i Social Network, consolida i tuoi ‘fondamentali’, ovvero il tuo approccio alla cura del cliente.

Impara dal Customer Care tradizionale

Come ho già detto nei miei 3 podcast sul Social Customer Care, i Social Network sono uno mero strumento, non un fine. Essi vanno utilizzati per garantire la massima soddisfazione ai tuoi clienti, ovvero una customer experience che avranno voglia di condividere attraverso i Social Network.

In USA e U.K. molte aziende hanno già i propri reparti di “social servizio clienti” ed hanno quindi sperimentato difficoltà ed opportunità che ne derivano.

A tale proposito l’infografica di Sentimentmerics che trovi qui sotto evidenzia 10 punti necessari per compiere una transizione efficace dal dal customer care tradizionale al Social Customer Care. Eccoli:

Non nascondere la testa nella sabbia

Ora, anziché tradurre questi 10 punti in italiano, credo sia più utile ricondurli alla tua quotidianità lavorativa. Perciò ho reinterpretato ciascun punto per fornirti consigli e spunti pratici (così almeno spero ;-):

  1. Previeni la frustrazione del cliente –> non farlo attendere in ‘coda’ al telefono o via Facebook op Twitter. Sii sempre tempestivo
  2. Stabilisci una procedura per i picchi di volume –> smista ed adatta i carichi di lavoro attraverso un sistema di vasi comunicanti il cui flusso di conversazioni puoi regolare all’occorrenza.
  3. Valuta se estendere gli orari di servizio -> posto che tu sia in grado di mantenere costante la qualità del tuo servizio erogato.
  4. Personalizza il servizio –> fai in modo che il cliente che ti ricontatta una seconda volta possa interagire con il medesimo interlocutore della volta precedente.
  5. Implementa il tuo timone di comando –> il Supervisor deve poter controllare costantemente attraverso un apposito “cruscotto digitale”, l’evoluzione delle conversazioni online ed i carichi di lavoro di ciascun membro del proprio team di Social Customer Care.
  6. Stabilisci e controlla le regole d’ingaggio -> informa preventivamente i membri del tuo team su quali termini utilizzare o vietare nelle conversazioni online con i clienti.
  7. Misura il grado di soddisfazione dei tuoi clienti –> utilizza metriche confacenti alle conversazioni online, che non concidono necessariamente conquelle di un servizio clienti tradizionale. .
  8. Effettua simulazioni –> verifica la capacità di tenuta del tuo servizio in caso di problemi e/o crisi impreviste. Analizza i risultati e predisponi un piano B che sia pronto all’occorrenza.
  9. Cerca di distinguere i clienti più importanti –> ad esempio coloro i quali oltre ad essere tuoi clienti ti menzionano positivamente sui Social Network. Valorizzali con offerte e sorprese personalizzate.
  10. Smista la richiesta di informazioni -> in base alle parole chiave in esse contenute, fai in modo che essa venga gestita e riscontrata da chi ne ha le competenze specifiche.

Quanto sopra è impegnativo ma -tornando per un attimo alla spiaggia- non puoi permetterti di vanificare i tuoi sforzi come un castello di sabbia che viene abbattuto in un sol colpo da un’onda.

Cara azienda perché non mi rispondi?

In questo video di 3 minuti Jay Baer, noto Social Media Strategist, dopo una breve premessa di carattere atmosferico (a quanto pare sta piovendo anche a casa sua) racconta la sua esperienza di cliente deluso.

“Per quale motivo se telefono o invio una Email le aziende rispondono ma se twitto non è sempre così?”

La sua aspettativa di ottenere una semplice risposta ad un tweet inviato è stata vana. Conseguenze:

  • L’esperienza negativa viene associata al marchio, all’azienda.
  • Voglia di condividere questa esperienza attraverso i Social Media (in questo caso con un video).
  • Alcune persone verranno influenzate da questo giudizio e non compreranno prodotti/servizi da tale azienda.

Conclusioni

Il passa-parola positivo o negativo è sempre esistito. Quando un amico esprime un giudizio raccontandoti la sua esperienza da cliente lo ascolti sempre con attenzione.

Quando si tratta di compere un’acquisto, il suo giudizio inciderà nel farti propendere per un Sì o per un NO. Non solo, quando il cliente sei tu, mentre racconti la tua esperienza valuterai se RIMANERE o ANDARTENE.

Ti sto parlando di clienti guadagnati o persi, quindi dei tuoi soldi.

I Social Media sono strumento per fare Business ma la capacità di fare buon affari fornendo un’eccellente esperienza ai tuoi clienti, quella devi averla tu.

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Nel frattempo, ti auguro buon Ferragosto!

+Paolo Fabrizio – Social Media Scrum

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About Paolo Fabrizio

Digital Customer Service Consultant, Trainer, Author, Speaker. Negli anni '90 partecipa alla startup della prima compagnia assicurativa online in Italia seguendo l'intero ciclo di vita del cliente. Dal 2013 come consulente e formatore aiuta le imprese a sfruttare il servizio clienti digitale come leva di business. Fondatore di CustomerServiceCulture.com, è autore di libri tematici e speaker a convegni in Italia e all'estero. Lecturer all'Università Bicocca di Milano

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